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ADMO: 2016 straordinario ...con l’intento di replicarlo

Guarito dalla leucemia, grazie al midollo osseo ricevuto da un generoso e anonimo donatore... L’ultima storia del genere che ha avuto buon risalto sui giornali è di qualche giorno fa, quando un 39enne di Vicenza, attraverso la bacheca virtuale del suo profilo Facebook, ha voluto far giungere il suo grazie tramite il web a quel misterioso salvatore che senza sapere chi fosse il ‘destinatario’, con un gesto disinteressato gli ha messo a disposizione una ‘sacca’ del suo sangue contenente quelle cellule staminali emopoietiche che poi, entrate in circolo, lo hanno fatto uscire dal tunnel della malattia. La notizia, comparsa dapprima sul “Corriere del Veneto”, è rimbalzata sui social e virtualmente di bocca in bocca, sino ad assumere risonanza nazionale nel momento in cui lo stesso “Corriere della Sera” l’ha rilanciata. Stiamo parlando di una delle regioni, il Veneto, che vanta in questo campo - assieme alla Lombardia, al Trentino e alla nostra Emilia Romagna - uno dei meglio strutturati ed organizzati Registri donatori di Midollo osseo in tutta Italia; terre in cui la cultura del dono è forte ed è andata ulteriormente crescendo negli anni.

Chi gestisce questi database, a loro volta collegati con i principali ‘omologhi’ nel mondo, dislocati per l’intero globo, è l’ADMO, un’associazione che in pochi decenni è riuscita ad approntare - su una base quasi tutta di volontariato, su tutto il suolo nazionale - un efficiente sistema per mettere in rete tra loro le singole banche-dati locali (provinciali e regionali), monitorate al “Galliera” di Genova, sede del Registro generale e centro elaborazione di queste ‘informazioni’ medico-sanitarie a livello nazionale. Un vero ‘tesoretto’ di potenziali donatori-salvavita, che aiuta a individuare nel più breve tempo possibile la persona con la più alta percentuale di compatibilità verso un ‘ricevente’, ossia un paziente in attesa di “trapianto” (vedremo poi cosa significa questo termine, che spesso può trarre in inganno facendo pensare a un intervento ‘invasivo’ di tipo chirurgico). Di tutto questo parliamo con FEDERICA MARZI, presidente della sezione reggiana di Admo.

Federica, giovane mamma residente con la famiglia in città a Reggio, non è un medico, opera infatti nell’ambito della comunicazione e dei media, e con questa realtà è venuta in contatto fortuitamente e, almeno inizialmente, suo malgrado, per ragioni familiari: nel 2008 suo padre si ammalò e cominciò anche per lui - e per i suoi cari - la complessa e ‘sfiancante’ ricerca di un donatore compatibile. “Venne fuori alla fine”, racconta Federica, “un unico donatore a livello internazionale, un americano, che accettò di proseguire nell’iter e di mettere a disposizione la sacca delle sue staminali attraverso la metodologia del ‘trapianto’, che altro non è che un’infusione di sangue (il termine non riguarda in alcun modo un’operazione chirurgica). Oggi mio padre”, conclude con un sorriso sereno, “sta bene”. Ma c’era anche una pregressa sensibilità a livello familiare, una sorta di ‘vocazione’ verso l’attenzione a questi temi ed al volontariato medico-sanitario, dal momento che la zia di Federica, la sorella del papà, altri non è che è la direttrice dell’Hospice Casa “Madonna dell’Uliveto”, Annamaria Marzi.

Federica, i dati sembrano dire che il 2016 da poco concluso sia stato un anno a dir poco eccezionale, per certi versi straordinario, per l’Admo reggiana.

È così. Se consideriamo che il 2015 si era chiuso con poco più di 300 iscritti, il migliaio di nuove adesioni del 2016 dice un dato di affluenza quasi triplicato. Attualmente Admo Reggio Emilia è la prima in regione; ne siamo felicissimi, ma non è solo orgoglio, dietro c’è tanto, tanto lavoro, ed un impegno che per molti dei nostri operatori spesso non conosce orari. Quest’anno è stato bellissimo, ma anche molto intenso, sotto molti punti di vista.

Come avete raggiunto questi risultati?

Da un lato sono molto preziose le sinergie che riusciamo a creare ogni anno con le realtà associative collaboratrici; c’è una ‘tradizione’ di interscambio e cooperazione consolidata con Avis e Aido, assieme a cui da tempo riusciamo ad entrare nelle scuole e a parlare del nostro lavoro con gli studenti (recentemente siamo riusciti a raggiungere alcuni Istituti di Correggio, Novellara, Guastalla...). Ma i risultati non vengono solo da una sensibilizzazione ‘all’esterno’: ci rivolgiamo in prima persona anche agli stessi associati e volontari Avis, Croce Rossa, Croce Verde -, invitandoli a diventare essi stessi donatori e a farsi “tipizzare”; partiamo infatti dagli stessi valori e da obiettivi tutto sommato comuni, la salute delle persone, e rivolgerci a loro era qualcosa di naturale. Siamo andati poi a parlare a Scienze Infermieristiche, all’Università di Modena e Reggio Emilia. Sono molteplici i canali aperti, ed abbiamo trovato ovunque un’accoglienza e un’attenzione che ci hanno spronato a fare sempre di più e meglio per consolidare quanto già raggiunto.

“Tipizzazione”, dicevi?

Di primo impatto è un termine ‘tecnico’ che risulta un po’ ostico... ma è presto spiegato. Ci sono due modalità per effettuarla: la prima e la più tradizionale è attraverso un prelievo di sangue presso l’ospedale, ma da qualche tempo si è affermata una seconda metodica, ossia tramite un “kit” pronto all’uso che consente un prelievo salivare; il numero sempre crescente di donatori, infatti, ha determinato in più di un’occasione liste d’attesa piuttosto lunghe, al punto che si arrivava a congestionare la ‘filiera’ e il potenziale donatore rischiava di venire convocato troppo tardi. Invece la rapidità consentita dal prelievo di saliva permette di definire in tempi molto rapidi un primo ‘profilo-donatore’, che potrà subito essere inserito nel Registro, inviando i relativi ‘campioni’ al Centro di riferimento (per noi è il Policlinico “Sant’Orsola Malpighi”, a Bologna).

Parlavi prima di scuola e Università. Il mondo dei giovani è il primo a cui vi rivolgete...

Assolutamente sì. E l’innovazione portata dalla tipizzazione con “kit salivare” è stata rivoluzionaria in questo senso: ci consente di andare più agevolmente verso i giovani. Abbiamo capito che il fatto di poterli incontrare nelle classi, negli eventi di piazza, nelle manifestazioni, crea un rapporto molto più paritario e più diretto. Questa ‘immediatezza’ non vuole però in alcun modo sminuire l’importanza di una corretta informazione, accurata, precisa, non sbrigativa o superficiale, ed il valore di un gesto - quello della donazione di sangue (...non dimentichiamo la stretta collaborazione e il legame con l’Avis!) - che è una delle più belle conquiste del nostro tempo. Vogliamo che un potenziale ‘associato’ (e quindi donatore) abbia ben chiaro che cosa tutto questo comporta; non tanto sul piano del male fisico (... a proposito: la donazione di midollo osseo, spesso confusa con quello spinale, non dà dolore!), ma su quello della preparazione sul piano umano, sul fatto cioè che sia una scelta pienamente consapevole, responsabile, fondata e coerente.

Ti riferisci al caso di una persona che, data l’iniziale disponibilità a donare, possa poi tirarsi indietro?

Certo. Questo ovviamente è sempre possibile, nessuno verrà mai obbligato, la libertà è sacrosanta! Ma un 18enne che si “tipizzi” deve sapere da un lato che rimarrà inserito nel nostro Registro fino a 55 anni d’età e che potrebbe anche non essere mai chiamato (perché, appunto, la compatibilità è rarissima), ma anche che al momento di una possibile chiamata, per quel paziente in attesa la cui speranza è appesa ad un flebile filo, potrebbe essere molto duro venire a sapere che quell’unico donatore compatibile con lui all’ultimo momento si è tirato indietro e ha rinunciato.

Nell’“exploit positivo” dell’ultimo anno ci sono state delle storie che hanno fatto la differenza?

Sicuramente. Spesso tutto nasce da una conoscenza, da un’amicizia, dal passaparola. Penso a un caso della montagna, Castelnovo Monti, o alla storia del piccolo Matteo, un bimbo di Novellara la cui famiglia è in cerca di un donatore compatibile; sono instancabili, e attraverso i nostri canali hanno lanciato un appello a tutta la popolazione. Beh, c’è stata una risposta incredibile della comunità, che ha organizzato eventi di sensibilizzazione, una raccolta fondi… Addirittura, nel corso di una serata a fine maggio 2016, abbiamo avuto 300 iscritti, e quindi tipizzazioni, in una volta sola. Era toccante vedere la fila di ragazzi che fino alle due o alle tre di notte se ne stavano lì aspettando di poter fare il kit salivare.

Un appello ai nostri lettori?

Semplicemente, vorrei invitarli a lasciarsi incuriosire dalla nostra esperienza per scoprire qualcosa di più e magari coinvolgersi in questa ‘avventura’. Ci potete trovare alla “Casa del Dono” di Reggio Emilia (dove ci aiutano anche giovani che stanno svolgendo il Servizio Civile Volontario). Potete poi restare in contatto con noi attraverso la Pagina Facebook “Admo Reggio Emilia”.

Matteo Gelmini

Nella foto, scattata durante la presentazione di un libro (una delle tante iniziative di sensibilizzazione organizzate dalla locale Associazione Donatori Midollo Osseo) si riconoscono Federica Marzi – prima da sinistra, presidente di Admo Reggio Emilia – e Federica Biasion – prima da destra – biologa, operatrice di Admo Regionale Emilia Romagna.

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